IL CASTELLO DI LIERNA

 

Notizie tratte da: “Il Castello di Lierna” di F. Panizza- Edito dal Comune di Lierna-
Oggiono-Cattaneo Paolo Grafiche – Maggio 2003 Fotografie di Franca Panizza, Leone Ruzza.
Fotografie antiche di Tino Barindelli.

Due leggendarie regine: Teodolinda e Adelaide.
Il nome del “Castello di Lierna” rievoca immediatamente queste due sovrane entrate da secoli a far parte delle leggende locali.
Secondo questi racconti Teodolinda, oltre ad aver costruito il maniero, lo avrebbe abitato in epoca longobarda, dopo essere rimasta vedova sia di Autari che di Agilulfo.
La regina Adelaide di Borgogna invece vi sarebbe stata rinchiusa prigioniera nel 960 d.C.
Aveva sposato re Lotario e con lui aveva occupato il trono d’Italia. Berengario le uccise il marito e le propose il matrimonio con il proprio figlio, allo scopo di farlo re d’Italia.
Adelaide rifiutò e Berengario la punì richiudendola nel castello di Como per costringerla a farsi monaca e poi spostandola segretamente da un luogo all’altro, tra cui il Castello di Lierna.
La sovrana fu alla fine liberata da un ecclesiastico, Martino da Bellagio, e la vicenda si concluse in Germania con le nozze di Adelaide con l’imperatore Ottone I di Sassonia. La regina tornò in Italia undici anni dopo col marito che cinse la corona imperiale a Roma.

Origini del Castello

Il Castello fu concepito inizialmente come una fortezza militare su fondamenta romane e qualche studioso ne vede la pianta come quella di un villaggio di coloni romani della misura di sedici piedi quadrati divisi in sedici lotti.
Un'accurata indagine topografica effettuata sugli spessori delle murature ha permesso di constatare che in alcuni tratti nel fronte sud-ovest verso lago, dove esistono ancora tracce delle garritte, i muri in pietrame irregolare, non intonacato, misurano esattamente un cubito (44,4 cm), mentre in altre porzioni più interne, dove forse sorgeva la torre, ne misurano due sul lato nord e tre su quello sud. Con questo si può concludere che la prima edificazione della fortificazione, con funzione difensiva lungo la strada dei passi alpini, risale all’epoca romana.



Il Castello sorge su un promontorio naturale che ne accentua il carattere insulare e difensivo e presenta tuttora una cinta muraria con resti di epoca medioevale. Almeno fino al secolo XII possedeva anche una torre nella sua parte nord occidentale, la cui base è ancora in parte visibile in Piazzetta Dogali.
Tutto il complesso ha subito nel corso dei secoli molti rimaneggiamenti che ne hanno cambiato il volto e la funzione. Caduto in disuso come opera difensiva delle acque, assunse carattere di borgo residenziale e commerciale. In passato aveva giocato un ruolo importante nelle vicende economiche, politiche e militari per la popolazione che abitava e coltivava il suo territorio. Era il luogo dove la comunità rurale locale si rifugiava per sommare le forze difensive richiamate dai borghi sparsi nella campagna. Serviva inoltre per conservare le derrate alimentari prodotte in loco (olio e vino) e per commerciarle attraverso la navigazione, usufruendo della facilità di approdo e sicurezza sulla Riva Bianca e sulla Riva Nera.



Il borgo non è una struttura compatta ma un insieme di case accostatesi e aggregatesi nel tempo in seguito a successive aggiunte e modifiche, a seconda delle necessità che si presentavano ai proprietari.
E' ancora evidente, conglobato in molti punti della struttura, il riutilizzo di materiale preesistente derivante da abbattimenti (gradini, avanzi di capitelli, macine da torchio).
La sezione più compatta verso nord-est, dove scendeva la Via Ducale e la parte inferiore del casamento sei-settecentesco mostrano mura del secolo XII. Verso nord-ovest corre una specie di spalto e alcune alte case mostrano accurati spigoli lavorati come resti di torri.
A sud ovest restano delle mura con torricelle a recinzione di orti. Sullo spigolo esterno a est si notano le strutture quadrate come di un impianto di torre.
Le costruzioni molto eterogenee, databili dal XVI al XVIII secolo, presentano ancora interessanti strutture e arredamenti esterni e interni: portali in pietra scolpita, inferriate, affreschi, soffitti a involto e a vela, pavimentazioni in sasso e camini di raffinata fattura con gli stemmi delle famiglie locali Panizza e Venini.
Si segnalano anche alcuni affreschi sei-settecenteschi, purtroppo molto deteriorati, sulla facciata di un’antica abitazione prospiciente un giardino sul lago, raffiguranti la Madonna delle Nubi sorretta dagli angeli, una meridiana e uno stemma imperiale.



La struttura interna del Castello è fatta di vicoli e cortiletti. Vi si accede attraverso un androne a lago, sovrastato da un insolito giardino pensile, oppure da un grande portico con scalinata verso la Riva Bianca. Nel muro del portico sono ancora ben evidenti i cardini che sorreggevano anticamente un portone e i fori in cui si infilavano le spranghe che chiudevano l'accesso. Si parla in proposito dell'esistenza di un ponte levatoio nel Medioevo.
Nella successiva piazzetta di SS. Maurizio e Lazzaro, dove sorge la chiesetta, è situato un pozzo ricostruito negli anni Trenta. A destra si nota l'entrata in un cortiletto privato adorno di piante, probabilmente seicentesco come il portale in granito che reca la data 1635.
Sulla piazzetta si affaccia anche la dimora seicentesca del nobile D.D. Bartolomeo Panizza, uno dei maggiorenti liernesi del tempo. Il portale d’entrata in pietra molera reca ancora le tracce del su
o stemma di famiglia, riportato anche su due camini all’interno dell’abitazione.
Attraverso la Via Scura (da notare a sinistra il grande portale settecentesco con battacchio), su cui si affacciano porte di cantine e ripostigli, si prosegue fino alla Piazzetta Dogali dove si mescolano costruzioni di vari periodi. Questa è la parte più antica del nucleo, dove era probabilmente situata la torre, il cui basamento è ora incorporato in abitazioni private.
Si continua verso gli orti attraverso uno stretto vicolo, osservando a sinistra una feritoia e più in alto due antiche finestrelle. In questa parte verso il lago mancano le case e i piccoli orti oggi esistenti fanno pensare agli spalti di avvistamento verso il centro lago. Servivano anche in passato per procurarsi l'approvvigionamento di cibo durante gli assedi, periodi in cui il luogo doveva essere autosufficiente.

Avvenimenti storici

Le prime notizie documentate riguardano la guerra decennale tra Como e Milano, svoltasi quasi tutta sul lago dal 1117 al 1127 e che coinvolse la maggior parte dei paesi rivieraschi. Gli episodi del conflitto sono stati raccontati da un anonimo poeta dell'epoca, conosciuto come "Anonimus Cumanus". Egli narra nel suo poema l'assalto alla torre del Castello sulla cui sommità crescevano folti lauri e tra le cui mura gli abitanti del luogo avevano stivato il vino. Alcuni Liernesi ebbri, saliti sul fortilizio, coprirono di ingiurie i comaschi che si erano avvicinati e che avevano poi incendiato il tetto e distrutto gli spalti. Dalle botti sfasciate il vino fluiva abbondante e andava ad arrossare il lago fra i lamenti dei coloni.
Dopo una lunga resistenza di dieci anni, il 27 agosto 1127 Como capitolò per il moltiplicarsi dei nemici e Milano si liberò di un'antagonista potente. I comaschi subirono l'abbattimento delle mura cittadine e il pagamento di un tributo a Milano a cui furono sottoposti fino al 1154.

Nel 1147 tutto il territorio di Lierna apparteneva al Monastero di S. Dionigi in Milano, a cui era stato donato
dall’arcivescovo Ariberto nel 1035. Nel 1202 i consoli del paese vendettero a Pietro Brancesari, podestà di Varenna, alcuni terreni precedentemente posseduti dal monastero. Nello stesso anno furono vendute a Varenna tutte le terre del paese con giurisdizione e diritti annessi, dopo averle riscattate dal Monastero di S. Dionigi. Anche il Castello passò così ai varennesi.

Nel 1415 la penisola del Castello è citata fra le fortificazioni del Ducato di Milano atte a difendere la Riviera Orientale del Lario contro un’eventuale invasione veneta.

Il Castello pare fosse una base di appoggio nel XVI secolo per le incursioni sul lago di Giangiacomo Medici detto Medeghino (n. 1485), il cui fratello Angelo sarebbe diventato pontefice col nome di Pio IV, e il cui nipote sarebbe stato S. Carlo Borromeo.
Nel 1522 il Medeghino era riuscito ad impossessarsi del feudo di Musso e del suo castello, facendosi nominare dapprima Castellano e poi Marchese.
Fortificò il castello, facendone una rocca inespugnabile e da qui iniziò a compiere scorrerie sul lago con la sua flotta armata composta da veloci natanti.
Ingrandì in breve il suo dominio con battaglie navali e terrestri fino a conquistare il Contado di Chiavenna, di Lecco, delle Tre Pievi, della Val d’Intelvi, della Valsolda, della Valassina, della Valsassina e della Pieve d’Incino.
Nel 1530 Carlo V di Spagna revocò tutti i suoi diritti e possedimenti, riconoscendo come unico signore del territorio Francesco Sforza, che si alleò con gli Elvetici per sbarazzarsi del Medici.
Si narra che durante questi episodi bellici i ducali di Milano volessero tirare una catena attraverso il lago, tra il Castello di Lierna e Limonta, per impedire il passaggio delle navi del tiranno.
Il fortilizio di Lierna fu assediato dalle truppe dei Grigioni alleati degli Sforza e dopo una lunga lotta gli assediati dovettero cedere.
Il Medeghino dopo altre sconfitte si arrese alle truppe ducali e nel 1532 abbandonò il lago, ritirandosi a Melegnano dove continuò le sue attività guerresche.
Il Castello da allora,essendo stato smantellato come opera fortificata e destinato ad altro uso, perse la sua importanza strategica.





La Chiesetta di SS. Maurizio e Lazzaro
All'interno del borgo sorge la chiesetta dei SS. Maurizio e Lazzaro appartenente nel 1147 al monastero di S. Dionigi di Milano.
Dedicata in un primo tempo solo a S. Maurizio, spesso patrono di località difensive come doveva essere il Castello in origine, venne poi dedicata anche a S. Lazzaro.
Alcune notizie riferiscono che la co-dedicazione dell'edificio derivò nel tardo Cinquecento dall'ordine cavalleresco intitolato ai due santi e fondato dai Savoia.
Nel 1032 i Savoia erano entrati in possesso del Vallese, dove sorgeva l'abbazia di S. Maurizio di Agauno, nei pressi del luogo del martirio del santo, che venne poi eletto loro patrono.
Amedeo VIII istituì nel 1434 l'ordine cavalleresco di S. Maurizio, soppresso nel 1439.
Nel 1572 Emanuele Filiberto, detto "Testa di ferro", ottenne con Bolla papale di Gregorio XIII la rifondazione dell'ordine, a cui dopo pochi mesi venne unito anche quello ospedaliero di S. Lazzaro di Capua.
L'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro è tuttora esistente con fini umanitari ed assistenziali. Il suo emblema è costituito dalla croce bianca di S. Maurizio sovrastante quella verde di S. Lazzaro.

 



La costruzione originaria della chiesetta mostra ancora tracce romaniche. La facciata è frontistante i vicoli del Castello mentre l'abside è rivolta a lago come un bastione protettivo; l'accesso avveniva da dentro le mura, per consentire la partecipazione alle funzioni anche in periodi di assedio.
In alto, ai lati della porta sono dipinte le seicentesche effigi a fresco dei SS. Maurizio e Lazzaro in veste di guerrieri.
Il vescovo di Como Volpi nella relazione lasciataci in occasione della visita pastorale del 1567 ordinò: "Dipingasi la facciata a rosso co' l'immagine del santo. Si racconci il pavimento dove è rotto. Che li suddetti ordini siano del tutto eseguiti sotto pena di sospensione delle celebrazioni ipso facto".
Nel 1593 il vescovo Ninguarda durante una successiva visita scrive:
"Alli 24 di novembre visitata la cappella di S. Maurizio membro della parochiale di Lierno, lontana da Mandello quattro miglia; è longa 12 brazza con una capelletta in meza volta vechia con alcune pitture guaste per l'antichità, con un altare non consecrato con una bradella non molto buona et i cancelli di legno; il resto è soffittato con un occhio sopra la porta, l'altare è senza ancona, ne vi è campanile, ma un arco sopra con una campanella. Di fuori vi è il frontispicio dipinto alla forma".
Il vescovo Carafino nel 1627 trovò l'oratorio in fase di ristrutturazione e intitolato ad ambedue i santi.
Infine il vescovo Torriani nel 1668 riferisce che la cappella era stata recentemente rinnovata e che il frontespizio era perfettamente affrescato con le effigi di entrambi i santi titolari.



All'interno, sulla parete sud sono presenti avanzi di affreschi venuti alla luce durante i restauri del 1933. Secondo lo Zastrow si tratterebbe di un'unica superficie affrescata con figure di santi. Di uno, Stefano, si è conservata parte del busto con la testa; di un altro, Sebastiano, è rimasta soltanto una parte del corpo ignudo trapassato da frecce.
Il cattivo stato delle pitture è testimoniato anche dalla relazione del Ninguarda del 1593, che fa sospettare che a quell'epoca fossero già vecchie di oltre un secolo.
I modesti resti dell'affresco, attribuibile al tardo secolo XV, mostrano una qualità pittorica abbastanza rilevante e il volto di S. Stefano testimonia un artefice di buona capacità tecnica.
La sacrestia fu edificata nel 1838 in ricordo dell'epidemia di col
era del 1836 a cui erano scampati gli abitanti di Castello. In quell' occasione venne eseguito anche l’affresco votivo al suo interno rappresentante la Madonna Addolorata con S. Rocco e S. Sebastiano.
L'altare presenta una pala a olio seicentesca di autore ignoto raffigurante il Cristo con Marta e Maddalena, incorniciata da colonnine tortili e decorazioni lignee. Sopra l'altare è posta una piccola statua in legno, anch'essa seicentesca, raffigurante S. Maurizio.
La chiesetta possiede una reliquia di S. Maurizio che viene portata in processione lungo la Riva Bianca la sera del 22 settembre, giorno del patrono.
La chiesa fu restaurata nel 1933 su progetto dello scultore e architetto Giannino Castiglioni e in quell'occasione vennero
rinvenute parecchie tombe con scheletri lungo le mura perimetrali, nella vicina piazzetta e in Via Scura. Si riparlò allora dei morti della pestilenza del 1630.

Il 31 gennaio 1375, nell’oratorio, allora giurisdizione di Varenna, venne stipulato uno strumento di sudditanza degli uomini di Lierna a quelli di Varenna, alla presenza del notaio Jacobo Tenca fu Andriolo.
Nel corso del Cinquecento la giurisdizione ecclesiastica sul Castello non era ben definita. Il parroco di Varenna veniva a celebrare funerali e funzioni in S. Maurizio. Il rettore della chiesa di S. Ambrogio di Lierna "inibisce et non lascia eseguire il portare della stola in occasione di morti in detto loco al detto curato di Varenna quale per antichissima consuetudine sempre ha portato la stola".
Nel 1582, con dichiarazione rilasciata da testimoni, si ribadì che il Castello di Lierna dal punto di vista religioso era di pertinenza del curato di Varenna. Non si sa con esattezza quando la giurisdizione sia passata a Lierna; ma ancora durante il Seicento e il Settecento, quando Lierna era sottoposta alla Pieve di Mandello, si cercava di scoraggiare le celebrazioni con la stola ai sacerdoti provenienti da altra pieve. E se proprio era necessario far celebrare ai vicini, si raccomandava di ricompensarli solo con una "tenue elemosina".
Nel secolo XVI, il 22 settembre partiva da Varenna una processione diretta a S. Maurizio, dove si celebrava una messa. Un'altra processione si svolgeva per le rogazioni e anche in quell'occasione si celebrava una messa per antico legato.
Dalle relazione lasciateci dai vescovi in visita alla Pieve di Mandello nel Seicento e nel Settecento, si deduce che l’oratorio in quei secoli era in pessimo stato di conservazione, soprattutto per le infiltrazioni di umidità dovute alla vicinanza del lago e per le frequenti inondazioni.
Il pavimento era in cemento, l'altare era circoscritto da una cancellata in legno e le suppellettili erano modeste.
Si raccomandava una miglior cura del tempietto e almeno l'apposizione di vetri alle finestre, trovate coperte provvisoriamente con carta o tela cerata.
Dalle annotazioni del libro della "Schola di Santa Marta" di Varenna del 1740 si apprende che durante il Settecento, in esecuzione di un legato, il priore faceva celebrare ogni anno tre messe in S. Maurizio per lire 3:13. Trattasi probabilmente delle tre messe di un legato a nome del varennese Francesco Campioni, di cui parla il vescovo Simonetta nel 1736, da celebrarsi nei giorni di S. Gioachino, S. Maurizio e S. Francesco. Per l'adempimento a questo legato era stato assegnato in dote alla chiesetta un campicello coltivato a viti e ulivi, sito in Lierna, in località Via Piana.
Nel Settecento esisteva un'altra dote a beneficio della chiesetta, costituita da un piccolo campo coltivato detto "Bancholeta", per adempiere ad un legato di origine sconosciuta, che prevedeva la celebrazione di una messa il giorno del patrono da parte del parroco di Varenna.
Un legato ottocentesco intitolato a Pietro Panizza (un benestante castellano che aveva svolto per anni la mansione di esattore comunale), per la celebrazione della messa il giorno di S. Pietro e di S. Maurizio, rimase in vigore fino al 1960 circa.

Franca Panizza