LA BEATA VERGINE DEL ROSARIO DI GIOVANNI BATTISTA MACOLINO
A cura di Franca Panizza
Nella chiesa parrocchiale di S. Ambrogio, è conservato un grande dipinto a olio rappresentante la Madonna del Rosario con S. Domenico e S.ta Caterina, attorniati da quindici tondi con i misteri del Rosario, eseguito da Giovanni Battista Macolino nel 1628.
Un cartiglio dipinto sul quadro in basso a destra recita nell’italiano del tempo:
”GIO’ BATISTA MACHOLLINO DI GUALDERA VALLE SA.to IACOMO CONTATTO DI CIAVENA A’ DIPNTO 1628”.
Giovanni Battista Macolino, il più importante pittore valchiavennasco del XVII secolo, operò intensamente in Valchiavenna, in Val S.Giacomo, nei Grigioni, in Valtellina e sul Lario.
Era nato a Gualdera in Val S. Giacomo nel 1604 e aveva alternato occasionalmente all’attività pittorica quella di notaio, di cui sono rimasti alcuni rogiti presso l’Archivio di Stato di Sondrio.
La sua prima opera conosciuta è un S .Carlo in preghiera del 1625 nella chiesa di Traversa a Gravedona, seguita nel 1628 dal dipinto di Lierna, espressione più matura ed elaborata del suo stile, dove però appaiono ancora alcune scorrettezze formali.
Tutte le sue opere furono contraddistinte da temi iconografici tipici della Controriforma, essendo state richieste da committenti di fede cattolica che abitavano in un’area di frontiera, ai confini con i paesi di fede protestante.
Importanti a questo riguardo sono il suo grande dipinto della Battaglia di Lepanto nella parrocchiale a Villa di Longanezza nei Grigioni (1630) e gli affreschi nella chiesa di S. Andrea a Samolaco (1632).
Dopo il 1640 il suo stile volge verso il barocco, come è visibile in altre sue opere presenti in Val
S. Giacomo, a Chiavenna e in Valtellina, dove il Macolino continuò la sua attività fino agli ultimi anni di vita.
Morì a Chiavenna tra il 1673 e il 1680 e poco si sa della sua famiglia, a parte il fatto che ebbe quattro figlie femmine e un maschio di nome Giovanni Battista, anch’egli pittore, che continuò l’attività nella bottega del padre e morì a Chiavenna nel 1696.
Secondo l’iconografia tradizionale, il quadro liernese rappresenta la visione di S. Domenico, genuflesso davanti alla Vergine in trono col Bambino, che riceve dalle loro mani un rosario.
L'invenzione del rosario venne infatti attribuita a S. Domenico (1170‑1221) dai primi storici dell'ordine da lui fondato, i quali raccontano come la Vergine apparve al santo consegnandogli una coroncina che egli chiamò la « corona di rose di Nostra Signora ». Questo nome deriva forse da un'usanza medievale che voleva che i servi della gleba offrissero al loro padrone una corona di rose in testimonianza del loro ossequio.
Più tardi, invece, si sostenne che il primo a diffondere l'uso del rosario fosse stato un frate domenicano verso la fine del XV secolo. Comunque sia, il culto del rosario acquistò grande popolarità a partire da questo periodo, diventando l'emblema di molti ordini religiosi e laici. Al rosario venne spesso attribuito un potere miracoloso, soprattutto quello di combattere l'Islam e le eresie protestanti. Il suo uso venne infatti incoraggiato durante la Controriforma per contrastare il protestantesimo.
In epoca successiva S. Domenico compare spesso accanto a S. Caterina da Siena, una delle più importanti patrone del suo ordine, anch'ella raffigurata in atto di ricevere il rosario dalle mani della Vergine o del Bambino.
Per ricostruire la storia del dipinto liernese dobbiamo tornare indietro di quattro secoli
Nel 1602 Santino Del Carro (1) di Mugiasco, con testamento rogato dal notaio Giovanni Lafranconi di Mandello, aveva obbligato suo figlio ed erede Prospero a far fabbricare nella parrocchiale un altare in onore della Beata Vergine, presso il quale si dovevano celebrare periodicamente un certo numero di messe, oltre a far costruire “un sepolcro vicino al detto altare nel quale dovevano essere riposte le sue ossa e successivamente quelle di tutta la sua descendenza”.
Prospero, contrariamente agli ordini ricevuti dal padre, aveva fatto celebrare pochissime messe, non aveva mai fatto costruire l’altare della B.V. né il sepolcro di famiglia, nonostante gli avvertimenti ricevuti dal parroco e dal vescovo, che gli avevano ventilato la pena dell’Interdetto.(2)
L’altare venne ugualmente eretto, ma a spese della Comunità di Lierna e della Confraternita, probabilmente nel 1626 in occasione della ristrutturazione e dell’ampliamento della chiesa parrocchiale. Quasi certamente in quel momento venne anche commissionato il quadro al Macolino.
Il vescovo Lazzaro Carafino, che aveva consacrato l’edificio rinnovato, ci conferma che nel 1637 esisteva un altare dedicato alla Beata Vergine Maria.
Nel 1685 il vescovo Ciceri scrive che in chiesa alla man dritta esisteva questo altare, presso il quale era eretta la Confraternita del SS Rosario, i cui scholari indossavano una cappa durante le sacre funzioni.
Sui suoi gradini venivano esposte periodicamente le reliquie, donate da Mons. Torriani, dei SS Felice, Prospero, Benedetto e Reparata martire, riposte in due cassette sostenute da un angelo. L’esposizione veniva effettuata da un sacerdote con veste talare, cotta e stola, munito di due torce accese.
Il quadro del Macolino venne spostato nell’Oratorio del Crocifisso nella seconda metà dell’Ottocento, quando nella parrocchiale venne rifatta totalmente la cappella dedicata alla Madonna.
La devozione verso la Beata Vergine del Rosario era molto sentita dai liernesi seicenteschi, come testimoniano i molti lasciti testamentari del tempo a suo favore. Le donazioni in denaro, gioielli, beni immobili o in natura beneficiavano, oltre a questo, anche gli altri altari e chiesette del paese.
I nostri compaesani benestanti evidentemente si sentivano in dovere di erogare qualcosa per la salvezza della propria anima, ma anche i più umili provvedevano secondo le loro possibilità.
Fonti:
Archivio Storico della Diocesi di Como- Fondo visite pastorali.
- Archivio Parrocchiale di Lierna- Libro dei Legati.
-“ Pitture in Alto Lario e in Valtellina dall’Alto Medioevo al Settecento”-
A cura della Cariplo Spa- A. Pizzi Arti Grafiche, Cinisello Balsamo 1995
- James Hall -“Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte”-Longanesi § C. 1998
1)Del Carro è l’antico cognome della famiglia Carri, originaria del Monte di Varenna.
2)Questa pena comportava da vivi la proibizione di entrare in chiesa e la privazione della sepoltura ecclesiastica al momento della morte.